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La paura come alleata

Un’aula gremita di ragazzi giovani e meno giovani, il caldo, il vociferare di sottofondo, lo sguardo di sufficienza sul volto del professore, che ti scruta, che sa di sapere in maniera approfondita ciò che ha chiesto e ora aspetta che tu risponda alla domanda in maniera esaustiva. Tu hai studiato, sei certo di averlo fatto, ma proprio mentre il tuo cervello si appresta a trovare le parole giuste per iniziare un discorso sensato e attinente a ciò che è in attesa di sentire l’uomo  difronte a te, proprio in quel momento, non ti viene nulla in testa se non ricordi di spezzoni letti, di paragrafi sottolineati, ma non abbastanza memorizzati da poter dare al professore ciò che chiede.

A chi non è mai successo? Chi non si è mai trovato di fronte a un datore di lavoro, ad una bella donna, ad un uomo che ci piace, a un gruppo di persone o, come in questo esempio, di fronte ad un professore ad un esame e provare un ansia così forte da rimanere paralizzati, senza pensieri nella testa, senza riuscire ad articolare le parole e i discorsi che tanto ci eravamo preparati in precedenza?

Perché succede? Ve lo siete mai chiesto?

Aron T. Back psicologico americano, considerato il padre della psicologia cognitiva, ci spiega che la persona in stato d’ansia acuta, come il nostro studente nell’esempio, sembra produrre inconsapevolmente quelle situazioni che maggiormente teme o detesta.

Quindi fondamentalmente prima di vivere uno stato tanto limitante e fallimentare abbiamo provato paura. Paura di non riuscire a dire nemmeno una parola durante il nostro esame, rendendoci ridicoli agli occhi del professore e degli studenti in ascolto! Questo processo cognitivo che ha portato un pensiero così negativo sulla nostra performance ha creato una serie di reazioni fisiche, come ad esempio la sudorazione dei palmi della mano, il tremore e la debolezza alle gambe, un’accelerazione del battito cardiaco e un annebbiamento del cervello. Non siamo più in grado di pensare, il nostro sistema d’allarme è in funzione e se non smette di suonare provocherà una reazione emotiva: L’ATTACCO D’ANSIA descritto nell’esempio.

Ci sono dunque situazioni in cui riusciamo, seppur inconsapevolmente, a dare il segnale di cessato allarme e situazioni in cui non riusciamo a nostro discapito.

Questa spiegazione può indurci a credere che la paura sia una nostra nemica, in fondo se non fosse per questa emozione forte e incontrollata adesso il nostro esame sarebbe andato a gonfie vele…ed invece ci sbagliamo. Non c’è emozione più importante per la nostra sopravvivenza della paura. O meglio questa temuta amica è un’emozione primaria come la gioia, il disgusto, la rabbia e la tristezza. Questo significa che la sviluppiamo molto presto.

Abbiamo paure innate e specie-specifiche come la paura dell’estraneo, che iniziamo a manifestare intorno ai sei mesi d’età o del buio o ancora dell’abbandono affettivo (da parte della figura d’attaccamento) e paure apprese come quella dell’ascensore o dei cani, per citarne due tra le più comuni.

A cosa ci serve avere paura ?

Spieghiamo con un esempio semplicissimo. Se non avessimo paura di essere investiti da un’auto passeremmo tranquillamente con il semaforo rosso pur di arrivare in tempo ad un appuntamento, se non avessimo paura di fallire ad un esame non studieremmo a sufficienza, ma  potremmo fare milioni di altri esempi. Grazie alla paura ci muoviamo con cautela e cognizione di causa. Grazie a lei i nostri antenati sono sopravvissuti ad attacchi da parte di altre popolazioni nemiche, da parte di animali feroci o al clima non più adatto alle loro necessità. La paura è la responsabile di molti dei nostri comportamenti che la natura ha giudicato positivi e utili alla nostra sopravvivenza, ecco perché la proviamo ancora oggi ed è così potente da mettere in moto tutto l’organismo. Se ci fosse un leone davanti a noi pensare non ci servirebbe a molto, avremmo invece la necessità di far scattare il sistema d’allarme interno e assecondarlo nella fuga o nell’ immobilità del corpo.

Ma allora perché la paura provoca tanta sofferenza e senso di inadeguatezza ?

Perché in alcune circostanze il sistema d’allarme è fallato anche quando oggettivamente dovrebbe spegnersi e non lo fa scatenando la reazione di cui abbiamo parlato sopra, anche se non più funzionale o addirittura deleteria come nel caso dell’esame?

La Filosofia Analogica lavora sul sistema d’allarme tramite la rielaborazione emotiva delle esperienze che hanno determinato le credenze alla base del mal funzionamento del sistema.  

Riprendiamo il nostro esempio.

Abbiamo paura di non riuscire a superare brillantemente il nostro esame e questa è una delle motivazioni che ci spinge a studiare il più possibile per memorizzare al meglio i concetti, ma, nonostante il nostro impegno, una volta davanti al professore facciamo scena muta. Secondo la Filosofia Analogica è successo questo: il pensiero che ha generato la paura (Io non sono in grado di esporre come gli altri le conoscenze richieste) è diventato certezza e ci siamo comportati allo stesso modo in cui ci siamo giudicati, quindi FALLIMENTARI. Anche se tutto questo ci sembra profondamente insensato per la logica (in fondo avevo studiato, perché non dovrei essere in grado di rispondere come gli altri studenti), per l’inconscio è un ragionamento del tutto fondato e si basa su esperienze avute in precedenza. Potremmo così ipotizzare che all’età di sei anni nostro padre ci abbia reputato e trasmesso il pensiero di essere incapaci, che magari nostro fratello fosse più portato di noi per lo studio. Oppure fosse in generale più dotato di noi intellettivamente parlando. Così di fronte al nostro professore, per ANALOGIA, l’inconscio ci ha riportato all’esperienza passata e la paura si è tramutata in stato emotivo ansioso, bloccando ogni nostra possibilità di dimostrare al professore, in cui rivediamo la figura paterna giudicante, le nostre potenzialità intellettuali.

Questo è un semplice esempio di rielaborazione inconscia, ma le motivazioni che hanno per conseguenza i nostri fallimenti, possono essere molteplici. Grazie alla nostra tecnica è possibile trovare i tuoi.

Anche ciò che ci sembra ingovernabile diventa gestibile, se conosciuto, e questo è alla base delle Discipline Analogiche che ci insegnano a comunicare con la nostra parte “oscura”: l’inconscio.



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