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COVID-19: come funziona il vaccino AstraZeneca

Come agisce il virus SARS-CoV-2

Il virus SARS-CoV-2 ha forma rotondeggiante e sulla sua superficie ogni singola particella (virione) presenta delle “punte” che rendono il virus simile a una corona (da cui il nome Coronavirus). Sulle punte si trova la proteina Spike in grado di legarsi all’enzima di conversione dell’angiotensina 2 (ACE2): un enzima coinvolto nella regolazione della pressione sanguigna, posto sulle cellule dell’epitelio polmonare dove difende i polmoni dai danni causati da infezioni e infiammazioni. Il virus entra nella cellula legandosi ad ACE2 e impedisce così all’enzima di esercitare le proprie funzioni di protezione.

La proteina Spike rappresenta dunque una “chiave” che consente l’ingresso del virus nelle cellule dell’organismo attraverso l’angiotensina 2 (ACE2), che funziona come una “serratura”.

Una volta all’interno della cellula, il virus rilascia il proprio codice genetico virale (RNA) e induce la produzione di proteine virali che creano nuovi coronavirus: questi si legano ad altre cellule e portano così avanti l’infezione.

Che cos’è un vaccino a vettore virale

Il vaccino messo a punto da AstraZeneca è un vaccino a vettore virale ed è stato realizzato utilizzando l’adenovirus degli scimpanzè (ChAdOx1 – Chimpanzee Adenovirus Oxford 1), un virus responsabile del raffreddore comune in questi animali. Una versione indebolita dell’adenovirus degli scimpanzè (incapace di replicarsi e innocua per l’organismo umano) nella quale è stato inserito il materiale genetico della proteina Spike, viene utilizzata come vettore ovvero come tramite per introdurre nelle cellule umane il materiale genetico della proteina Spike, quella che permette al virus SARS-CoV-2 di innescare l’infezione responsabile di COVID-19.

Il sistema immunitario si attiva così contro la proteina Spike e produce gli anticorpi: laddove l’individuo in futuro entrasse in contatto con il virus, gli anticorpi – allenatisi con la vaccinazione – saranno in grado di riconoscere il virus e bloccare l’infezione. Quella del vettore virale è una tecnologia già utilizzata, per esempio nel primo vaccino approvato per Ebola alla fine del 2019; in questo caso si ricorre agli adenovirus di scimpanzé perché gli adenovirus umani sono responsabili di diverse infezioni a carico dell’apparato respiratorio, anche di lieve entità. Pertanto, se un soggetto ha già incontrato l’adenovirus scelto per veicolare il vaccino anti-COVID-19 nel corso di una precedente infezione, è possibile abbia già sviluppato gli anticorpi che potrebbero poi bloccare l’adenovirus del vaccino, inficiando l’efficacia della vaccinazione. È invece più improbabile che un individuo abbia sviluppato gli anticorpi contro un adenovirus di scimpanzè.

Come funziona il vaccino AstraZeneca

Una volta somministrato, l’adenovirus modificato penetra nel nucleo della cellula dove fornisce il codice genetico per produrre la proteina Spike di SARS-CoV-2. Le cellule T del sistema immunitario riconoscono lo stimolo della proteina Spike e attivano la risposta immunitaria e la produzione di anticorpi specifici contro il virus.

Con la vaccinazione vengono inoltre prodotte cellule dotate di memoria difensiva contro la proteina Spike: se il vaccinato in futuro dovesse entrare in contatto con il virus, il suo sistema immunitario ne avrà memoria, lo riconoscerà e si attiverà per combatterlo, impedendo alle proteine Spike l’ingresso all’interno delle cellule.

Con il vaccino si introduce nelle cellule dell’organismo solo l’informazione genetica necessaria per costruire copie della proteina Spike. L’adenovirus non è in grado di replicarsi e dunque non può diffondersi nell’organismo dei vaccinati. Dopo la somministrazione l’informazione genetica viene degradata ed eliminata.

Il vaccino COVID-19 AstraZeneca viene somministrato in due iniezioni, nel muscolo della parte superiore del braccio. Le persone che sono state vaccinate con la prima dose di COVID 19 Vaccine AstraZeneca devono ricevere la seconda dose dello stesso vaccino per completare il ciclo di vaccinazione idealmente nel corso della dodicesima settimana e comunque a una distanza di almeno dieci settimane dalla prima dose.

A partire da circa tre settimane dopo la somministrazione della prima dose inizia la protezione indotta dal vaccino e persiste fino a 12 settimane. Tuttavia, fino a 15 giorni dopo la somministrazione della seconda dose la protezione potrebbe essere incompleta. Come accade con tutti i vaccini, anche la vaccinazione con COVID-19 Vaccine AstraZeneca potrebbe non proteggere tutti i vaccinati.

Gli studi clinici

La valutazione dell’efficacia clinica di COVID-19 Vaccine AstraZeneca è basata sull’analisi intermedia dei dati di due studi clinici, tuttora in corso, che hanno coinvolto persone di età superiore ai 18 anni: lo studio COV002 di fase II/III (condotto nel Regno Unito) e lo studio COV003 di fase III (condotto in Brasile). L’87% dei partecipanti aveva un’età compresa tra 18 e 64 anni, mentre il 13% aveva un’età pari o superiore a 65 anni. Il 55,1% dei soggetti era costituito da donne. Gli studi non hanno coinvolto persone colpite da malattie gravi o non controllate, con immunosoppressione severa, le donne in gravidanza e le persone che già avevano avuto COVID-19.

6.106 partecipanti hanno ricevuto due dosi di COVID-19 Vaccine AstraZeneca, mentre 6.090 partecipanti al gruppo di controllo hanno ricevuto o un vaccino meningococcico o una soluzione salina.

A causa di vincoli logistici, l’intervallo tra la prima dose e la seconda variava da 3 a 23 settimane con l’86.1% dei partecipanti che ha ricevuto le due dosi entro un intervallo da 4 a 12 settimane.

L’efficacia del vaccino COVID-19 Vaccine AstraZeneca

Nei vaccinati con la posologia approvata (2 dosi a distanza di 4-12 settimane l’una dall’altra) sono stati osservati 64 casi di COVID-19 su 5.258 individui vaccinati e 154 casi su 5.210 del gruppo di controllo. Nel complesso, l’efficacia vaccinale di COVID-19 Vaccine AstraZeneca è risultata pari al 59,5% nel prevenire la malattia sintomatica. Nei partecipanti che presentavano una o più comorbilità, l’efficacia del vaccino è stata del 58,3%.

In coloro che hanno ricevuto la seconda dose dopo 12 settimane dalla prima, l’efficacia dopo 14 giorni dalla seconda dose, è stata dell’82,4%.

In tutti i partecipanti che hanno ricevuto almeno una dose di vaccino, a partire da 22 giorni dopo la prima dose non si sono osservati casi di ospedalizzazione (0%, su 8.032), rispetto a 14 casi (0,2%, su 8.026), di cui uno fatale, segnalati per il controllo.

Non è nota al momento la durata della protezione ottenuta con il vaccino: gli studi sono ancora in corso.

L’approvazione del vaccino è dovuta al favorevole rapporto beneficio/rischio in coloro che hanno più di 18 anni. Inoltre, la disponibilità di un terzo vaccino (peraltro di più facile conservazione rispetto agli altri due già approvati) rappresenta un importante contributo alla campagna vaccinale in corso.

In considerazione dei tre diversi vaccini disponibili e in attesa di acquisire ulteriori dati, anche dagli studi in corso, la Commissione tecnico-scientifica dell’AIFA ha inizialmente suggerito un utilizzo preferenziale dei vaccini a mRNA (BioNTech/Pfizer e Moderna) nei soggetti anziani e/o a più alto rischio di sviluppare una malattia grave, e del vaccino AstraZeneca nei soggetti tra i 18 e i 55 anni di età, fascia per la quale le evidenze disponibili erano più solide.

La Commissione aveva inoltre ribadito che alla luce dei risultati sulla capacità del vaccino di indurre la risposta immunitaria (immunogenicità) e dei dati di sicurezza, il rapporto beneficio/rischio del vaccino AstraZeneca risultava comunque favorevole anche nei soggetti di età più avanzata in assenza di specifici fattori di rischio.

Vaccino Vaxzevria (AstraZeneca) e le diverse fasce di età

Con una circolare del 22 febbraio 2021, il Ministero della Salute in seguito al parere della Commissione tecnico-scientifica dell’AIFA e alle precisazioni del Consiglio Superiore di Sanità, aveva esteso la possibilità di utilizzo del vaccino COVID-19 Vaccine AstraZeneca fino ai 65 anni di età, a eccezione dei soggetti estremamente vulnerabili.

L’indicazione del vaccino nella fascia compresa tra i 18 e i 65 anni era rafforzata da nuove evidenze scientifiche che riportavano stime di efficacia maggiori rispetto alle precedenti, dati di immunogenicità in soggetti di età superiore ai 55 anni e nuove raccomandazioni internazionali come il parere dello Strategic Advisory Group of Experts (Sage) on Immunization dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Pertanto, la Circolare ministeriale facendo riferimento alla categoria 6 (Soggetti di età inferiore a 55 anni – dai 18 ai 54 anni – senza condizioni che aumentano il rischio clinico) del documento “Raccomandazioni ad interim sui gruppi target della vaccinazione anti-SARS-CoV-2/COVID-19, agg.to 8 febbraio 2021” indicava che il vaccino AstraZeneca potesse essere offerto fino ai 65 anni (coorte nati 1956) compresi i soggetti con condizioni che potessero aumentare il rischio di sviluppare forme severe di COVID-19 senza quella connotazione di gravità riportata per le persone definite estremamente vulnerabili.

Una circolare dell’8 marzo 2021 del Ministero della Salute ha poi esteso l’utilizzo del vaccino COVID-19 Vaccine AstraZeneca anche nei soggetti con età superiore ai 65 anni di età, a eccezione dei pazienti estremamente vulnerabili (per condizioni di immunodeficienza, primitiva o secondaria a trattamenti farmacologici o per patologia concomitante che aumenti considerevolmente il rischio di sviluppare forme fatali di COVID-19) per i quali si confermava l’indicazione a una somministrazione preferenziale dei vaccini a RNA messaggero.

Il parere favorevole era stato espresso dal gruppo di lavoro dedicato del Consiglio Superiore di Sanità, tenendo conto delle ultime evidenze scientifiche che confermavano il profilo di sicurezza favorevole del vaccino e dalle quali emergeva che nei soggetti di età superiore ai 65 anni, la somministrazione del vaccino Vaxzevria/AstraZeneca fosse in grado di indurre una protezione significativa sia dallo sviluppo di COVID-19 (patologia indotta dal virus SARS-CoV-2), sia dalle forme gravi o addirittura fatali di COVID-19.

Queste considerazioni si inserivano anche in un quadro di sanità pubblica caratterizzato da una limitata disponibilità di dosi vaccinali e dalla necessità di proteggere le fasce più esposte al rischio di sviluppare forme gravi o fatali di COVID-19.

Vaccino Vaxzevria (ex AstraZeneca) e rischio di trombocitopenia e disturbi della coagulazione

In diversi Paesi europei sono stati riportati casi di eventi tromboembolici a seguito della somministrazione del vaccino Vaxzevria (ex AstraZeneca), alcuni dei quali hanno portato a sospensioni locali di specifici lotti del vaccino o del vaccino stesso.

Dopo la somministrazione del vaccino è stata osservata, in casi molto rari, una combinazione di trombosi e trombocitopenia (carenza di piastrine nel sangue), talvolta associata a sanguinamento. Questo ha incluso casi gravi (di cui alcuni con esito fatale) che si sono presentati come trombosi venosa, anche in aree insolite come: trombosi cerebrale dei seni venosi, trombosi venosa mesenterica e trombosi arteriosa in concomitanza con trombocitopenia.

È stata così condotta un’indagine completa da parte del PRAC (Pharmacovigilance Risk Assessment Committee), il comitato dell’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) responsabile della valutazione degli aspetti riguardanti la gestione del rischio dei farmaci per uso umano. L’indagine ha confermato che i benefici del vaccino superano i rischi, nonostante un possibile collegamento con i casi molto rari di trombi associati a un basso livello di piastrine. Finora, la maggior parte dei casi segnalati si è verificata in donne di età inferiore a 60 anni entro due settimane dalla vaccinazione.

È stato pertanto raccomandato:

– l’aggiornamento delle informazioni sul vaccino, alla luce di quanto finora noto;

– di non sottovalutare i seguenti sintomi nelle settimane successive all’iniezione: fiato corto, dolore al petto, gonfiore alle gambe, persistente dolore addominale (pancia), sintomi neurologici, come mal di testa grave e persistente o visione offuscata, minuscole macchie di sangue sotto la pelle oltre il sito di iniezione.

– di continuare la segnalazione di sospette reazioni avverse all’Agenzia Italiana del Farmaco.

Il vaccino Vaxzevria (ex AstraZeneca) raccomandato a partire dai 60 anni

Una circolare del Ministero della Salute del 7 aprile 2021 raccomanda un uso preferenziale del vaccino Vaxzevria (ex AstraZeneca) nelle persone di età superiore ai 60 anni. Alla luce dei dati a oggi disponibili, chi ha già ricevuto una prima dose del vaccino Vaxzevria, può completare il ciclo vaccinale con il medesimo vaccino.

Il vaccino Vaxzevria (ex AstraZeneca) sarà pertanto offerto ai soggetti dai 60 anni, a eccezione di coloro che appartengono alle categorie estremamente fragili o di disabilità grave: per questi casi è appropriato un vaccino a mRNA.

Il vaccino Vaxzevria (ex AstraZeneca) somministrato solo a partire dai 60 anni

Con una circolare del 12 giugno 2021, il Ministero della Salute, secondo quanto stabilito dal Comitato tecnico scientifico (di cui all’Ordinanza del Capo del Dipartimento della Protezione Civile n. 751 del 2021), indica che il vaccino Vaxzevria (ex AstraZeneca) venga somministrato solo a persone di età uguale o superiore ai 60 anni (ciclo completo). Chi ha già ricevuto la prima dose del vaccino Vaxzevria e ha meno di 60 anni di età, completerà il ciclo con una seconda dose di vaccino a mRNA (Comirnaty-Pfizer/BioNTech o Moderna), da somministrare a distanza di 8-12 settimane dalla prima dose.

Una circolare del Ministero della Salute, pubblicata il 18 giugno 2021, specifica che pur restando l’indicazione prioritaria della seconda dose con un vaccino a mRNA, ispirata a un principio di massima cautela per prevenire l’insorgenza di fenomeni VITT (Vaccine-induced Thrombotic Thrombocytopenia) in soggetti a rischio basso di sviluppare patologia COVID-19 grave, qualora un soggetto di età inferiore ai 60 anni rifiuti (senza possibilità di convincimento) di ricevere un vaccino a mRNA per la seconda dose, può completare il ciclo vaccinale con Vaxzevria, dopo l’acquisizione di un adeguato consenso informato. Questa opzione risulta bilanciata dal beneficio che deriva dal completamento del ciclo vaccinale, rispetto alla protezione offerta da una singola dose.​

Effetti collaterali

Gli effetti indesiderati molto comuni (cioè che interessano più di una persona su dieci) sono dolore, calore, prurito o lividi nel punto in cui viene praticata l'iniezione, sensazione di stanchezza o malessere, brividi o sensazione di febbre, mal di testa, nausea, dolore alle articolazioni o muscolare. Gli effetti indesiderati comuni (cioè che interessano fino a una persona su dieci) sono gonfiore o arrossamento nel punto in cui viene praticata l'iniezione, febbre sopra i 38 gradi, vomito e diarrea. Gli effetti non comuni (interessano non più di una persona su cento) sono sonnolenza o vertigini, diminuzione dell'appetito, ingrossamento dei linfonodi, sudorazione eccessiva. Gli effetti molto rari sono le trombosi, che però finora hanno interessato circa una persona ogni 100mila.



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